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Craft Beer

  1. Birra&Frutta

    Un rapporto fatto di equilibri e tecnologie complesse che può portare a piccole opere d'arte nel bicchiere

    Il rapporto tra frutta e birra ha radici antiche, si è evoluto nel tempo con il cambiare del gusto degli bevitori di birra e seguendo le tendenze del mercato.
    L’aggiunta di frutta comporta un notevole impegno tecnologico, in quanto si tratta di ingredienti con tempi di approvvigionamento diversi che possono rivelarsi difficili da gestire. In più è sempre necessario tenere in considerazione il rischio di infezione da lieviti selvaggi come i Brettanomyces che si trovano sulla buccia della frutta. Proprio per questi motivi non è raro che alcuni birrifici usino frutta in purea che mantenendo le caratteristiche organolettiche, è di più semplice gestione ed abbassa il rischio di contaminazione da Brettanomyces, dove non ricercati.

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  2. Summer Craft Beer!

    Ovvero le bevute più dissetanti per far fronte alle temperature più alte dell'anno.

    È vero, questa sembra un’estate diversa dal solito. Ci aspettiamo città più popolate, più vacanze e turismo in Italia. Quello che non cambierà è la nostra sete, la nostra voglia di esplorare bevute nuove. Abbiamo pensato ad una selezione di birre che ci possano accompagnare nelle giornate al mare e nei trekking in montagna.
    Crediamo che non ci dovrebbero essere limiti quando si tratta di assaggiare birre nuove, ma è vero che con le temperature che si alzano ci orientiamo verso bevute meno alcoliche e più dissetanti che puntano tutto sulla pulizia di bevuta.

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  3. BeerScovery: Rogue Ales

    Essere un birrificio indipendente nella scena Craft americana.

    Parlare di Rogue Ales significa raccontare la storia di un birrificio con tantissime sfumature da scoprire una per una. Abbiamo cercato di raccontarle tutte nella nostra diretta Facebook insieme a Danny Connors, innovation brewer del brewpub di Portland.

    Dead Guy Ale

    Rogue nasce nel 1988, è uno degli attori principali della Craft Beer Revolution americana ed ha sempre messo al centro della sua filosofia il concetto di indipendenza. Essere un birrificio indipendente significa avere massima possibilità di sperimentare, di creare qualcosa di nuovo senza porre limiti alla fantasia, come è accaduto nel caso della super discussa Beard Beer prodotta con i lieviti isolati a partire dalla barba dell’ex head brewer John Maier o delle birre del Voodoo Project che ricreavano il gusto di diversi tipi di Doughnut. Significa produrre birre anche fuori dalle logiche di mercato ascoltando esclusivamente l’istinto ed i propri fan come è accaduto nel caso di Dead Guy Ale. Questa Amber Ale prodotta ispirandosi ad una German Maibock ormai tanti anni fa, è nata come birra one-shot, prodotta in occasione del Dia de los Muertos. Nonostante non fosse uno stile particolarmente diffuso negli States, ha conquistato i palati di tutti al punto da diventare il prodotto best seller del birrificio nonché il più conosciuto ed apprezzato.

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  4. BrewDog & Ales&Co

    Vi raccontiamo della prima Punk Ipa arrivata in Italia

    James Watt e Martin Dickie
    James e Martin, fondatori di BrewDog

    BrewDog è un caso unico nel panorama brassicolo europeo e mondiale, ma sicuramente questo lo sai già!
    Il birrificio nasce come l’avventura di due giovani ragazzi, amici di infanzia, appassionati di birra artigianale a tal punto da sognare di sovvertire lo statico panorama britannico della fine degli anni 2000. È il 2007 quando James Watt e Martin Dickie, insieme al loro fido labrador, escono dal garage di casa e presentano al mondo la loro Punk Ipa, incoraggiati da Michael Jackson, the beer hunter in persona (non la popstar!).

    Quella che abbiamo accennato è una storia nota, ed è per questo che oggi vogliamo concentrarci sul rapporto speciale tra BrewDog e il nostro Paese.
    Da più di 10 anni ormai siamo l'importatore ufficiale di BrewDog per Italia distribuendo le birre più celebri, disponibili tutto l’anno come Punk IPA, Elvis Juice, 5AM SAINT e Jack Hammer, ma anche le birre simbolo di ordinaria follia, le produzioni più sfacciate create da due ragazzi che non sono mai scesi a compromessi e hanno dato vita ad una vera e propria rivoluzione.

    core line brewdog
    Core line BrewDog 2020

    Lo stretto rapporto tra Italia e Scozia che ha portato le birre di BrewDog in Italia nasce nell’estate 2008. È bastato un assaggio di una delle prime Paradox, Imperial Stout affinate in botte, in un pub scozzese per far scattare la scintilla e la voglia di saperne di più.
    Ai tempi James e Martin avevano appena iniziato a dedicarsi al birrificio e non avevano ancora lasciato i lavori precedenti: alle prime telefonate di contatto, James rispondeva direttamente dal peschereccio di suo padre su cui lavorava.
    Sin da subito i ragazzi di BrewDog ci hanno dimostrato grande entusiasmo, volontà di lavorare insieme e di condividere le loro birre e la loro passione con più persone possibili, del resto il loro claim più famoso è "Craft Beer for the People".

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  5. BeerScovery: Moor Beer Co.

    In diretta con il Justin Hawke, fondatore e birraio di Moor che ci porta alla scoperta della sua storia e della sua filosofia.

    Nella nostra chiacchierata con Justin Hawke, birraio e fondatore di Moor Beer Co., abbiamo parlato di storia e di tradizioni, di modernità, di legno, di lattine e anche di Star Wars. Un’oretta in diretta Facebook che ci ha permesso di approfondire la conoscenza con una delle figure più interessanti del panorama brassicolo britannico, dimostrando una relazione diretta tra la sua personalità e quella delle sue birre.

    Justin ha origini americane e dopo un periodo in Germania, ha deciso di stabilirsi in Inghilterra. Nelle sue birre sono evidenti le tre influenze geografiche: la naturale torbidezza delle birre tedesche, le intense luppolature californiane e la carbonatazione naturale delle Real Ale inglesi. Nascono quindi le sue Modern Real Ales, rifermentate in cask, fusto e lattina.
    E proprio la scelta di produrre esclusivamente in lattina, effettuata dopo un periodo di intense ricerche, è stata una vera e propria rivoluzione. La lattina può sicuramente assicurare altissimi standard qualitativi, ma sono stati necessari intensi studi affinché potesse dormire sonni tranquilli: infatti le birre di Moor sono can conditioned, prodotti vivi non filtrati né pastorizzati. Proprio per questo motivo sono state le prime in lattina ad essere riconosciute dal CAMRA come Real Ales. Si tratta di veri e propri “nano cask” da conservare e consumare a temperature adeguate.

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  6. Beerscovery: Brew By Numbers

    Bermondsey è una di quelle zone di Londra considerata “the place to be” per tutti gli amanti di birra artigianale, in particolare il sabato pomeriggio quando tutte le Tap Room dei birrifici sono aperte. Ed è proprio qui che si trova dal 2012 Brew By Numbers.
    Come in tante storie che raccontiamo, alle spalle di questo birrificio c’è una solida amicizia ed una passione comune. Tom e Dave, fondatori di Brew By Numbers, si incontrano nel 2010 durante un viaggio in Asia tra pareti rocciose da scalare e giri in moto. Se il 2011 è stato l’anno in cui hanno approfondito la ricerca e lo studio da hombrewer, in collaborazione anche con maestri noti del mondo brassicolo come i birrai di The Kernel, è il 2012 a consacrare questa piccola realtà come birrificio vero e proprio.

    Presentano la prima birra 01|01 (una Hoppy Saison) ai ragazzi di Craft Beer Co. Clenkerwell per ricevere una prima critica. Funzionò al punto che divenne la prima birra ufficiale del birrificio, nonostante lo stile inusuale per il panorama britannico del tempo. In questo primo periodo portano la voglia di sperimentazione di ogni homebrewer all’interno del birrificio, dividendo ogni cotta in due e cambiando volta per volta luppolature, lieviti o ingredienti speciali, numerando ogni risultato secondo un metodo specifico: il primo numero corrisponde allo stile, il secondo al batch. Ed è proprio da qui che nasce il loro nome. Non pongono limiti alla propria fantasia, esplorando i confini delle luppolature e sperimentando allo stesso tempo con fermentazioni miste ed affinamenti in botte.

    La nostra chiacchierata con Mike (di cui vi lasciamo il link) ha toccato i momenti più importanti della storia di questo giovane birrificio come l’introduzione delle prime lattine nel 2018 ed il restyling che portò etichette nere con scritte chiare ed un nuovo modo di chiamare le birre: si identificano oggi solo con lo stile e i luppoli o gli ingredienti speciali usati in fase di produzione. Ci ha raccontato anche che la voglia di fare sempre di più e sempre meglio è culminata con il lancio di una campagna di Crowdfunding nel 2019.
    Chiedendo ai clienti più affezionati di sostenerli, Brew By Numbers ha potuto ingrandire il birrificio e sta progettando una nuova Tap Room in cui accogliere tutti, offrendo anche un servizio di cucina. In quest’ottica hanno anche dato vita ad una nuova area separata dedicata esclusivamente al legno: nascono e si evolvono lì tutte le birre affinate in botte, dalle massicce Imperial Stout alle birre a fermentazione acida.

    Come per tutte le realtà, l’emergenza sanitaria che stiamo affrontando in questi mesi è una situazione nuova da gestire, che i ragazzi hanno deciso di sfruttare al meglio rendendo più fluido il proprio business inaugurando uno shop online e collaborando con Marks and Spencer. L’idea è quella di avvicinare tutti all’esperienza di una buona birra artigianale, portandola direttamente nelle case.

    La diretta con Mike è stata molto divertente, ci ha permesso di sbirciare nella scena craft londinese, regalandoci anche un paio di sneak peek sui programmi del birrificio non appena l’emergenza sarà rientrata. Vi lasciamo il link al loro sito per conoscerli ancora meglio ed il link diretto alle disponibilità aggiornate.

  7. To Øl City!

    Creatività e flessibiltà sono i due leitmotiv di To Øl, uno dei birrifici più intriganti della scena craft internazionale. Nato nel 2010 dalla passione di due amici per l’homebrewing, per quasi dieci anni si è identificato nella definizione di birrificio gypsy. Una realtà in continua evoluzione che ha fatto di approccio scientifico, sperimentazione e collaborazioni con birrifici da tutto il mondo il suo punto di forza.

    Nel 2019 To Øl  inizia un periodo di passaggio che si conclude all’inizio di quest’anno: a gennaio 2020 si aprono le porte To Øl City.
    Uno spazio di 150.000 metri quadri, destinato in passato ad un’azienda di trasformazione di frutta all’inizio e di ketchup poi, recuperato e ridistribuito sulla base delle necessità del birrificio. Il cuore della produzione è composto da due aree, una dedicata alle “clean beers” ed una “wild brewery”. Se nella prima trovano spazio le fermentazioni “tradizionali”, la seconda è un vero e proprio regno delle fermentazioni spontanee, con la speranza che la vicinanza degli orti favorisca sempre la nascita di nuovi lieviti. In entrambi i casi non mancano le botti, foeders nuove ed usate, in arrivo da diverse parti del mondo, destinate a fermentazioni ed affinamenti. E proprio parlando di birre, una delle più importanti novità che To Øl City porta con sé è una nuova core line: accanto alle birre flagship che lo hanno reso celebre nel tempo come Garden of Eden e Gose to Hollywood, saranno disponibili adesso tre birre pensate per essere simbolo di To Øl con la loro pericolosa bevibilità: House of Pale, City Session Ipa e Whirl Domination.

    To Øl City è uno spazio dove non vengono messi confini alla creatività, per questo motivo alcune delle idee inizialmente sviluppate da BRUS, brewpub di To Øl nato nel 2016 nel cuore di Copenaghen, verranno spostate qui come la produzione di aceto di birra o le sperimentazioni legate al mondo dei cocktail e dei fermentati.
    Accanto a questi un occhio di riguardo è da riservare alla distilleria: si tratta di un’idea ancora agli albori, ma come ci ha anticipato Linda nella nostra diretta, To Øl ha iniziato a lavorare con la distillazione sottovuoto e gli affinamenti in botti degli spirits. Sicuramente possiamo aspettarci grandi sorprese.

    Sono già arrivate in Italia invece, le produzioni del progetto Mikropolis. Cocktail in lattina di altissima qualità di cui To Øl cura ogni minimo dettaglio, dalla produzione degli ingredienti come bitter e toniche alla miscelazione. Si tratta di cocktail già pronti, di grande equilibrio, pensati per tantissime occasioni d’uso, dagli aperitivi casalinghi di questo periodo ai grandi festival musicali che ci auguriamo poter ricominciare a frequentare presto.

    Trovate le birre di To Øl disponibili in questo momento a questo link e se volete approfondire la conoscenza con questa incredibile ed eclettica realtà vi consigliamo di vedere la mini serie di video su Youtube che ci porta dietro le quinte di To Øl City. Qui il primo episodio!
    Per chi, invece, si fosse perso la nostra chiacchierata in diretta con Linda, la trovate qui!

  8. Tactical Nuclear Penguin


    Come ogni anno Sanremo fa parlare di sè (nel bene e nel male), ci intrattiene per quasi una settimana e ci regala un'idea del panorama musicale italiano. Quest'anno per noi è stato ancora più speciale degli altri anni, grazie ai Pinguini Tattici Nucleari, a cui facciamo i complimenti per il meritatissimo podio!
    Come hanno raccontato in più di un'occasione, i ragazzi di Bergamo hanno tratto ispirazione per il loro nome da una delle birre più celebri di BrewDog.

    La storica Tactical Nuclear Penguin prodotta da James Watt e Martin Dickie, aveva la gradazione alcolica di 32 % abv, che l'ha resa la birra più alcolica al mondo, avendo superato i 31 % di una birra prodotta in Germania da Schorschbraer.

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  9. Piccola fotografia sulla Norvegia brassicola

    Ah, il grande Nord! Nonostante (troppo) spesso si tenda a generalizzare agglomerando cultura, tradizioni e usanze di “quei posti freddi dove il sole tramonta alle 3” farlo con la birra potrebbe rivelarsi una questione più delicata del previsto: non c’è uno stile unico o caratteristico e le informazioni che ci arrivano sono spesso limitate (causa anche della lingua dalla difficile interpretazione?). Fino a qualche anno fa il movimento della birra artigianale era molto vivace soprattutto in Danimarca con un considerevole numero di birrifici emergenti di alto interesse, tra le quali c’era anche il “nostro” Mikkeller. Oggi, realtà come quella Norvegese, con alla base una cultura brassicola spontanea e frammentata a livello regionale con produzioni tipiche come le Harvest Ale (birre prodotte durante il raccolto) e le Christmas Ale, hanno saputo affermarsi, evolversi e creare il proprio segmento di mercato, riuscendo, tramite un percorso di sperimentazione e un’accurata selezione della materia prima a dimostrare un fortissimo potenziale e una straordinaria apertura mentale. Continue reading
  10. Uno sguardo al 2016 per la pinta del 2017!

     

    Il nuovo anno è arrivato e, prima di tornare al tran tran quotidiano, ci piace dare uno sguardo a quanto fatto finora per guardare a un 2017 entusiasmante e stimolante.

     

    Il nostro 2016 ha visto l'inserimento di tre nuovi birrifici da tre nazioni diverse:

    - Stone Berlin (Germania): il birrificio californiano, tra gli artefici delle Craft Beer Revolution americana, ha aperto l'attesa sede europea, scegliendoci per la distribuzione sul territorio italiano. Birre che hanno fatto la storia nella scena artigianale statunitense, come Stone Ipa, Arrogant Bastard Ale e Ruination Ipa, nel 2017 saranno una realtà consolidata nei formati in lattina e fusto kkeg.

    - Black Sheep Brewery (UK): birrificio dello Yorkshire, nato da un'idea di Paul Theakston, dopo l'uscita dall'attività di famiglia. Black Sheep ha dato nuova linfa alla parte del nostro assortimento legata alla tradizione brassicola anglossassone, a noi molto cara.

    - Oedipus (Paesi Bassi): ultimo in ordine cronologico ad unirsi a noi e primo birrificio olandese che abbiamo iniziato a distribuire. Realtà che si aggiunge alle tendenze moderne ispirate alle produzioni luppolate del Nuovo Mondo, Oedipus ci ha incuriosito per la creatività nella scelta di materie prime terze e per la capacità nel saperle usare.

     

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