Questo articolo è stato scritto da Francesco Pattacini di Beeer Mag, tutte le foto sono di Lorenzo Pasquinelli. More on Beeer Mag (www.beeermag.it).
Ci possono essere le leggendarie imprese di San Patrizio e di Roy Keane, i campi immensi, i periodi allucinati di James Joyce ma poco descrive lo spirito e la magia irlandese come una pinta di birra nerissima. Che siano Stout old school o densissime Porter attraverso cui è impossibile guardare attraverso (senza dimenticare le Red Ale), al loro interno si incrociano continuamente i segreti del passato, i misteri tramandati ogni giorno sui banconi della grigia Dublino e le leggende che verranno narrate una volta finiti i bicchieri. Dimenticatevi per un attimo allora di tutte le evoluzioni, dei nuovi termini, della pastry-fever e tutte le derivazioni postmoderne che non contemplino solo orzo, avena, lievito, luppoli sinceri e tostature dai sentori alcalini e di caffè. In Irlanda Stout e Porter sono la sacra famiglia di questa religione che accomuna ogni paese bevitore e, cioè, l’estrema fedeltà a gusti netti come solo una tradizione sa essere, drinkability first, direbbe qualcuno (sia nel senso di bevibilità della birra che in quello di una leggendaria capacità irlandese nel farlo).
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